Camminando con un figlio, l’incontro con Il Piccolo Principe

da | 12 Feb 20 | Pensieri in cammino | 2 commenti

Di Alex Vigliani

Così di colpo ti ritrovi a rimettere a posto un motore in panne, quel motore che singhiozza sempre prima di cominciare a camminare. E lo fa perché è sporco, insozzato da certi contesti quotidiani che, nonostante tutto, riescono sempre a far breccia.
Dicevo che ti rimetti in marcia con questo singhiozzare, una buona chiave inglese e tanto lavoro da fare sulle articolazioni di anima e cuore. Ma stavolta è diverso, perché vicino a te c’è il piccolo principe, viene fuori da sotto un fungo o forse da quella che sembra una tana. Poco più alto di mezzo uomo ma gambe già lunghe protese al futuro, agile e sorridente, con quell’aria ghiotta di immagini ed emozioni di chi ha tutto il mondo davanti gli occhi da scoprire. E vuole farlo, perché la differenza è che un mondo da scoprire ce l’hai pure a cinquant’anni, ma quel che manca è la voglia. Qualcuno dirà i soldi. Certo, i soldi, ma poi c’è chi passa una vita ad accumulare senza mai schiodarsi dal posto in cui vive e questo perché o nasci fortunato in termini monetari – e allora magari scegli di viaggiare o poltrire – oppure se devi accumulare averi per vivere ti ritrovi che hai fatto solo quello.
Rinunciando al resto.
Tutti calcoli che un bambino non fa, tutti calcoli che un bambino – se ancora nel cuore t’alberga – non ti farà fare.  E quindi basterà una via bianca dietro casa per sentirsi girovaghi nel mondo.
Tornando a noi. Il piccolo principe è lì che ti guarda. Gli occhi grandi e il sorriso. Salta da una parte all’altra. Oplà e schiva un sasso, oplà e dribbla il ramo di una rosa canina, un passo più veloce e ora ti è davanti. Si ferma, gioca passando sotto al filo teso di una ragnatela tra un faggio e un altro, poi si avvicina per odorare il fiore giallo di un maggiociondolo.
Ti guarda. Gli occhi sgranati e un sorriso furbetto.
– Tu da bambino volevi fare il super eroe? – Ti chiede.
– Io no – gli rispondi. – E tu? Tu sogni di diventarlo?
– Io no. Io voglio farlo.
E dietro quel voglio c’è un grassetto profondo come un fossile su una roccia.
A ogni passo impari qualcosa. Sulla soglia dei quarant’anni, passo dopo passo, conosci la galassia del piccolo principe. Uno spazio indefinito fatto di amici il cui nome non può e non deve essere dimenticato, di fiori e sassi cui tu dai un nome e lui ha già chiamato, definito, catalogato, inventato. Di tane e animali, di stupore per le più piccole cose. Di risate per gli schizzi di una cascata che ti bagna gli occhiali. Tutto ciò che puoi osservare, tutto quel che puoi vedere, ha una storia associata. Non un nome. Ma una favola, un racconto, una spiegazione che ha logica solo nella galassia del Piccolo Principe. E per questo inappuntabile. Inattaccabile.
Tante, mille e una frase, che iniziano per: “lo sai che” e finiscono per una cosa che credevi di sapere e che invece non sai, perché non è tanto la cultura e la conoscenza, ma la fantasia che detta le regole, quell’atrofizzata parte dell’anima che ti ha fatto sognare e vivere per anni e che ora ha fatto la fine dell’ipofisi.
Così quando poi saluti il piccolo principe ti senti pure un poco scemo per non averci pensato prima, per non esserti mai fermato a raccogliere tutto quello che perdevi dalle tasche bucate della tue fasi di crescita. Talenti, monetine, momenti preziosi che ora ritrovi nei suoi occhi, nel suo stupore, nella bocca spalancata e la mano dinanzi aperta a fermare lo stupore per un guado da fare su un fiume scrosciante che nebulizza nell’aria coraggio da esploratore.
Le lezioni vengono sempre quando meno te l’aspetti.
Se cammini con tuo figlio ancora una volta il tuo posto sarà quello di chi impara,  perché il momento di insegnare non è scontato che arrivi né con l’età né davanti a un bambino.
Anzi, forse è vero proprio il contrario.
Grazie Valerio, grazie mio piccolo principe.

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