Natura e montagna, ultimo avamposto di libertà e ritorno al rito

da | 9 Giu 21 | Pensieri in cammino | 1 commento

itinarrando - Sprone Maraonidi Alex Vigliani

Il richiamo all’istinto e quindi alla natura, al bosco, è una nostalgica manifestazione di libertà da lacci e legacci della società odierna.
Senza richiamare al primitivismo, che non fa parte delle corde di questo scritto, però l’unico appiglio che abbiamo per sfuggire alle catene della cronaca, del nero imperante, del grigio che s’attacca in ogni ambito sembra proprio essere il bosco.
La sospensione del tempo, che recuperiamo durante una passeggiata, nelle tante soste, riporta irrimediabilmente alla natura.
Le lentezza è ritorno del rito nell’esaltazione degli elementi di cui si diventa punto centrale e fuoco.
Respirare e calibrare l’immissione di ossigeno e l’emissione di anidride. Non opposizione, di per sé atto violento e di risposta, ma diverso binario su cui trasportare la propria vita ormai soggiogata alle regole occidentali del profitto, dell’apparenza e del costume.
Ecco che camminare su sentieri in cui la terra è alzata dal vento e s’aggrappa ai nostri scarponi, agli indumenti, diventa condizione necessaria per tirare il freno.
Il produci, consuma, crepa detta le regole di una velocità sfrenata che non lascia più spazio a divinità e riti. Senza muovere critiche all’antropizzazione dei territori, necessità di un’evoluzione che non può essere negata, la rivoluzione industriale, processo necessario e criticabile solo nella perversione del capitalismo che tutto trasforma in sfruttamento, è stato forse il punto di non ritorno per quel nomade chiamato umano che nella lentezza, nelle pause, disegnava cartografie mentali di libertà.
Una conflittualità tra lo stanziale e il nomade, quindi il camminatore, che si è acutizzata nella regolamentazione di una società basata su orari, impegni e un profitto da sviluppare.
Ecco che natura e montagna, se vissute senza l’angoscia dell’orologio, del cronometro, del tempo a stabilire regole e barriere, divengono il compromesso, il corto circuito rispetto alla quotidianità indotta e fatta trangugiare da imposizioni sociali umane che non rappresentano la natura primaria dell’umano stesso.
Natura, montagna, boschi rappresentano allora l’ultimo scorcio di libertà e lentezza dove si può scegliere liberamente se camminare in gruppo, affidarsi a una guida o meno, laddove la guida sia essa stessa scelta e non frutto di altre e complesse, cervellotiche, richieste di controllo da parte di ordini superiori.
Torniamo alla natura, facciamolo per noi stessi. Per il valore del rito, della lentezza e del pensiero che tra gli alberi e il vento sa muoversi più liberamente che non nella metropoli della catena di montaggio umana.

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